Quanto è opportuno adattare in una traduzione? Quanto sono importanti i cosiddetti realia?
Ieri sera stavo riguardando una delle mie serie storiche preferite, made in USA e ambientata nel Connecticut.
Mi stavo godendo un (rarissimo) momento di relax, ma il mio essere traduttrice ha prevalso quando la protagonista della serie ha affermato di aver dato delle cose in beneficenza e nomina un ente benefico tipicamente italiano.
La prima domanda che mi sono posta è quale fosse l’ente originale menzionato (forse Goodwill?), poi ho cominciato a pensare alla scelta che io avrei fatto.
È un adattamento eccessivo un ente tipicamente italiano in una storia ambientata in un Paese e in una cultura diversi? Forse era meglio generalizzare con un semplice “dare in beneficenza”?
Ma soprattutto, questa scelta mi ha straniata per via del mio lavoro o l’avrei trovata strana anche se mi occupassi di tutt’altro?
Inoltre, durante la mia seconda specializzazione conseguita in Inghilterra ho avuto l’opportunità di studiare la creazione e la traduzione dei sottotitoli. Questo settore mi ha sempre interessato molto, approfondito anche grazie a dei corsi professionali dedicati.
Quindi, mi sono anche calata nei panni del possibile traduttore che avrebbe lavorato ai sottotitoli. Oltre a prestare attenzione al testo originale e a renderlo nel migliore dei modi, c’è un limite di lunghezza da rispettare.
Ma torniamo a noi: nonostante le domande che mi sono posta inizialmente, sono dell’idea che finché non si tocca una situazione con mano, è difficile poter valutare.
Ogni testo è diverso, pone sfide uniche e di conseguenza permette rese e soluzioni specifiche. In generale, anche se ogni caso è a sè, ritengo che l’ambientazione e la cultura di partenza siano degli elementi fondamentali che devono essere (più o meno) mantenuti.
Ma quanto è opportuno adattare in una traduzione? A ogni testo la sua risposta!